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DEMANSIONAMENTO E RISARCIMENTO DEL DANNO

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO - Sentenza 14 aprile 2011, n. 8527
 

Cassazione Civile: decreto ingiuntivo e fallimento della s.n.c., effetti nei confronti dei soci

Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 24 marzo 2011, n.6734
 

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06-03-2011

Cassazione Civile: condanna dell'Agenzia delle Entrate al risarcimento dei danni

Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 3 marzo 2011, n.5120

 

 da www.filodiritto.it  

La Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia del Giudice di Pace che la aveva condannata al risarcimento dei danni provocati per un ritardato annullamento degli avvisi di accertamento. Secondo l'Agenzia "manca nella specie il carattere dell' ingiustizia del danno, in relazione al fatto che l'annullamento in autotutela non si configura quale obbligo bensì come mera facoltà dell'amministrazione, con le conseguenze che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al ritiro dell'atto in positivo".

La Cassazione ha in via preliminare ricordato che, "come del resto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte - tra le altre, Cass. nn.1191/2003; 7531/2009; S.U. 26108/2007 - l'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell'art.2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte dell.a stessa pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui all'art.97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenza stabilite dall'art.2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale".

"Sul punto, il giudice di merito ha, sulla base del discrezionale potere valutativo ad esso spettante, ritenuta sussistente la violazione dell'art. 2043 c.c., affermando, con sufficiente e logica motivazione, che "buon diritto ha Tizio di vedersi risarcito il danno causato dalla Pubblica Amministrazione. Infatti, anche sulla Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere, previsto dall'art. 2043 c.c.. Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del suddetto principio; infatti, nonostante le diffide, mai l'Agenzia delle Entrate ha provveduto a verificare quanto dall'attore lamentato, e cioè che esso non era tenuto al pagamento delle somme richieste con gli avvisi di accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori sollecitazioni da parte del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate ha ammesso l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somma richieste. E' ovvio che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione, violando più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha causato un danno economico a Tizio, che non può che essere risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonché le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione"".


Principi guida su anatocismo, commissione massimo scoperto, uso piazza.

da www.filodiritto.com 

 

Il Tribunale di Brescia ha fornito delle linee guida per l'interpretazione delle condizioni economiche del contratto di conto corrente bancario, soffermandosi su questioni quali: il a dies a quo per la decorrenza della prescrizione decennale, la nullità degli interessi uso piazza, la sostituzione del tasso legale ex articolo 1284 Codice Civile, la nullità dell'anatocismo trimestrale, la non sostituibilità con quello annuale, l'invalidità delle CMS e delle valute ove non siano specificatamente determinate.

Quanto all'anatocismo, il Giudice del Tribunale ha affermato che:

"La nullità della clausola di anatocismo trimestrale comporta la nullità parziale del contratto ex art. 1419 c.c. ma non dell'intero contratto. Affermata la nullità della clausola regolante la capitalizzazione trimestrale ne deriva che non vi è possibilità di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità in quanto l'anatocismo è permesso dalla legge ma soltanto a determinate condizioni e, in mancanza di valida pattuizione tra le parti, esso rimane non pattuito tra le medesime. Ovviamente la problematica della nullità della clausola anatocistica, come sopra visto, non riguarda i contratti bancari stipulati dopo il 22 aprile 2000 (art. 25 d. lgs. 342/1999) in relazione ai quali è valida la clausola che prevede l'anatocismo sugli interessi debitori purché con periodicità identica a quella degli interessi creditori. Per i contratti stipulati in data anteriore al 22 aprile 2000, invece, l'anatocismo deve ritenersi valido se decorrente dal giorno l luglio 2000 previo adeguamento delle disposizioni alla reciprocità dell'anatocismo tra interessi debitori e creditori".

Quanto all'uso piazza, secondo il Tribunale:

"con riguardo ai contratti stipulati in data anteriore al 9 luglio 1992 si osserva che lo ius superveniens, pur non influendo sulla validità delle clausole inserite in tali negozi, tuttavia impedisce la produzione di ulteriori effetti con essi contrastanti sicché il divieto di rinvio agli usi di cui alla 1. 17.2.1992 n. 154 ancorché non comporti la sopravvenuta nullità della clausola interessi uso piazza impedisce la produzione di ulteriori effetti giuridici nel senso che dalla sua entrata in vigere potrà essere pretesa ex art. 1284 c.c. la sola applicazione del tasso legale di interesse. Ne consegue che, in ogni caso, la conclusione è unica: nullità della clausole in esame per tutti i contratti che le prevedono. La conseguenza di tale nullità è l'applicazione degli interessi legali ex art. 1284 c.c ult. comma in quanto la non debenza di alcun interesse è prevista solo dall'art. 1815 c.c. in caso dì interessi usurari".

Tra le altre questioni esaminate, ricordiamo le seguenti:

- "Per quanto attiene alla mancata contestazione degli estratti conto da parte del cliente la giurisprudenza - sia di merito che di legittimità - ha stabilito, con motivazione convincente e condivisa da questo Tribunale, che essa rileva solo ai fini del riconoscimento dei movimenti ivi documentati senza comportare alcun riconoscimento in ordine alla validità dei rapporti sostanziali a fondamento delle operazioni compiute".

- "la commissione di massimo scoperto laddove il conto corrente sia collegato ad un'apertura di credito non partecipa della natura degli interessi, sicché alla stessa non può applicarsi il divieto anatocistico relativo ai soli interessi e dovrà calcolarsi solo alla chiusura definitiva del conto sempre che sia stata determinata specificamente e per iscritto. ... Laddove, invece, il conto corrente non sia abbinato ad un'apertura di credito allora la commissione deve ritenersi abbia natura di accessorio che si aggiunge agli interessi passivi e ripete dai medesimi la natura cosicché la clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale della commissione deve considerarsi nulla alla luce di quanto sopra detto".

 


 
 

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