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Cassazione Civile: decreto ingiuntivo e fallimento della s.n.c., effetti nei confronti dei soci

Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 24 marzo 2011, n.6734
 

Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390
 

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Contenuto del patto successorio

Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 19 novembre 2009, n.24450

 

da www.filodiritto.com  

In materia di patto successorio, richiamando il proprio orientamento, la Corte di Cassazione, cassando la pronuncia di secondo grado, ha ribadito che "Sono patti successori, da un lato, le convenzioni aventi per oggetto una vera istituzione di erede rivestita della forma contrattuale e, dall'altro, quelle che abbiano per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta e facciano sorgere un vinculum iuris, di cui la disposizione ereditaria rappresenti l'adempimento. Il patto successorio, ponendosi in contrasto con il principio fondamentale (e pertanto di ordine pubblico) del nostro ordinamento della piena libertà del testatore di disporre dei propri beni fino al momento della sua morte, è per definizione non suscettibile della conversione, ex art. 1424 codice civile, in un testamento, mediante la quale si realizzerebbe proprio lo scopo, vietato dall'ordinamento, di vincolare la volontà del testatore al rispetto di impegni, concernenti la propria successione, assunti con terzi (v. Cass., sent. n. 4827 del 1989)".

Avendo riguardo al caso di specie, la Cassazione ha stabilito che: "Nella specie, la configurabilità di un patto successorio nella dichiarazione con la quale la odierna ricorrente assentiva al trasferimento ai due fratelli degli immobili di proprietà del padre, a fronte dell'impegno dei medesimi di versarle la somma di lire 60.000.000, deve desumersi, in particolare, dalla coeva donazione da parte del padre ai fratelli di detti immobili, nonché dal contenuto del testamento, pubblicato nel 1990, ma redatto già nel 1985, in epoca, cioè, largamente precedente la scrittura di cui si tratta, con il quale il de cuius lasciava ai figli maschi anche la quota disponibile, oltre alla legittima, concedendo alla figlia la somma di lire 10.000.000, a titolo di tacitazione dei suoi diritti di legittimaria. Resta, così, sconfessata la conclusione cui è pervenuta la Corte di merito, secondo la quale dalla lettura dell'atto in questione non sarebbe emerso che esso fosse stato stilato con l'intento di disporre dei diritti che ai sottoscrittori potessero spettare sulla successione non ancora aperta del loro genitore, e, così, lo stesso atto non sarebbe stato nullo ex art. 458 codice civile, ma di esso la figlia avrebbe dovuto chiedere l'annullamento una volta pubblicato il testamento del padre: ciò che non aveva fatto".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.  



Tribunale Torre Annunziata: consumatori, denuncia dei vizi della cosa acquistata

In tema di diritti del consumatore, la domanda intesa ad ottenere l'accertamento nella cosa compravenduta della sussistenza di vizi, che determinino l'obbligo del venditore al ripristino della conformità del bene ovvero alla riduzione del prezzo, deve essere rigettata nell'ipotesi in cui la denuncia delle difformità non precisi l'epoca della scoperta delle stesse.

È quanto stabilito dalla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 19.06.2009.

La suddetta sentenza ha affermato il richiamato principio, sulla base di un'attenta interpretazione dell'art. 132 comma 2 del Codice del consumo, a norma del quale "il consumatore decade dai diritti previsti dall'articolo 130, comma 2, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto".

La tempestività della denuncia nel caso di specie si configura quale condizione per la valida proposizione dell'azione ex art. 130 C. d. c., in virtù della quale il consumatore, in caso di difetto di conformità del bene consegnato rispetto a quello descritto nel contratto di vendita, può richiedere "il ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione (...), ovvero una riduzione adeguata del prezzo o (...) la risoluzione del contratto".

L'impossibilità di desumere - seppure sulla base di elementi presuntivi, che il consumatore avrebbe potuto offrire anche in sede di formulazione delle istanze istruttorie - l'epoca in cui si sono manifestati i pretesi vizi, cagiona la decadenza dalla proposta azione, alla quale consegue il rigetto della domanda.

A tal fine la richiamata sentenza precisa che "sarebbe stato onere dell'attrice provare la tempestività della denuncia stessa" (pag. 5, cit.); mancando tale prova non può desumersi con certezza la distanza temporale tra le denunce e la scoperta del vizio stesso (ibidem).

La richiamata pronuncia si collega idealmente a quella giurisprudenza di merito che ha contribuito a delineare i contenuti che la denuncia dovrebbe avere per rivestire piena efficacia nei confronti del venditore (o del produttore).

Oltre alla precisazione del tempo di insorgenza dei vizi la stessa dovrebbe caratterizzarsi per una esposizione chiara delle doglianze, atteso che "ai fini della contestazione dei vizi della cosa venduta, non può considerarsi valida la denuncia caratterizzata da una estrema genericità delle contestazioni, prive di qualsiasi concreto riferimento alla tipologia e alla natura delle difformità" (Trib. Monza, 20-03-2007). Un altro orientamento di merito ha puntualizzato che in tema di azione di garanzia per i vizi della cosa venduta "anche se la denuncia ex art. 1495 c.c. non richiede una forma o un contenuto particolari, essa deve pur sempre consistere in un atto (...) che sia idoneo a manifestare l'intento del primo di valersi della garanzia ed a mettere il venditore in condizione di verificare tempestivamente la veridicità della doglianza" (App. Roma Sez. II, 27-10-2005). Ciò anche a tutela della parte venditrice perché "la denuncia dei vizi della cosa venduta (...) oltre allo scopo di far conoscere i vizi al venditore che li abbia eventualmente ignorati, ha anche quello di consentire sollecitamente l'accertamento dell'entità e della causa degli stessi, anche nell'interesse del venditore ai fini della sua eventuale rivalsa verso il proprio fornitore" (Trib. Roma Sez. III, 24-01-2008).

La sentenza infine si segnala inoltre per aver ribadito in premessa il principio della competenza territoriale esclusiva del luogo di residenza o domicilio del consumatore nelle controversie tra consumatore e professionista, nel caso in cui non venga sollevata un'eccezione di incompetenza territoriale a favore di altro foro, ma di diversa sezione distaccata afferente la sede centrale del Tribunale (nella specie: il convenuto aveva eccepito la competenza funzionale della Sezione distaccata di Castellammare di Stabia del Tribunale di Torre Annunziata - foro del convenuto - rispetto al Tribunale di Torre Annunziata adito dal consumatore).

(Tribunale di Torre Annunziata - Sezione Seconda Civile, G. U. Dott.ssa Lara Vernaglia Lombardi, Sentenza 19 giugno 2009).

da http://www.filodiritto.com


 

 


 
 

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