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Cassazione Lavoro: no alla responsabilità automatica del committente per infortunio lavoratore

Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 30 gennaio 2012, n. 3563
 

Cassazione Civile: decreto ingiuntivo e fallimento della s.n.c., effetti nei confronti dei soci

Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 24 marzo 2011, n.6734
 

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11-01-2012

Cassazione Civile: no alla suddivisione della casa familiare in sede di divorzio

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 30 dicembre 2011, n.30199

 

da www.filodiritto.it 

 

In un giudizio di divorzio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza resa dalla Corte d'Appello di Palermo che assegnava alla moglie controricorrente la "casa familiare", rigettando altresì la domanda di suddivisione della medesima in due unità abitative.

In particolare, il marito ricorrente lamentava la violazione dell'articolo 6, comma 6 della legge divorzio n. 898/1970, sostenendo che la norma prevede l'assegnazione della casa coniugale, ovvero "quella di fatto abitata dalla famiglia in modo continuativo e non di una che la famiglia non abbia mai abitato o dove abbia soggiornato solo saltuariamente". Alla predetta contestazione la Corte seguiva l'orientamento dei giudici di merito, che riconoscevano, "con motivazione congrua e non illogica", che la casa assegnata "era per l'appunto quella coniugale, quando i coniugi convivevano, ed ha continuato ad essere abitata, sostanzialmente senza soluzione di continuità dalla controricorrente insieme con il figlio", che, pur abitando per motivi di studio presso altra località, tornava sempre a casa nel fine settimana.

Più interessante, l'altra questione sottoposta all'attenzione della Corte: la violazione della già citata disposizione, dell'articolo 42 della Costituzione e dell'articolo 832 del Codice Civile per la mancata divisione dell'immobile ed assegnazione di una parte al marito e di una alla moglie.

Anche questo motivo di ricorso è stato respinto dalla Suprema Corte che ha richiamato e confermato l'impugnata sentenza nella parte in cui "chiarisce che la suddivisione in due unità abitative, trasformando l'immobile, sconvolgerebbe l'ambiente domestico in cui il giovane figlio delle parti è vissuto, senza contare la conflittualità esistente tra i ricorrente e la moglie nonché la pessima influenza della vicinanza del padre, desumibile dal provvedimento di decadenza dalla potestà, tale da costituire una sicura e continua minaccia alla serenità e salubrità dell'ambiente di vita del figlio". Al riguardo, la Corte precisa altresì che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse del figlio (ex art. 155 quater Codice Civile).

Confermando le motivazioni e la sentenza dei Giudici di merito, la Corte ha rigettato il ricorso.


- Cassazione Civile: risarcimento del danno per responsabilità dell'amministratore
02-05-2011

da www.filodiritto.it

 

La Cassazione si è pronunciata su una interessante questione di responsabilità degli amministratori e dei sindaci (in forza del precedente disposto dell'articolo 2392 Codice Civile), confermando la pronuncia del Giudice d'appello secondo cui l'esercizio di attività assicurativa in un ramo non autorizzato costituisce una evidente violazione degli obblighi gestori degli amministratori di una compagnia di assicurazioni.

In generale la Cassazione ha ricordato che "La natura contrattuale dell'azione prevista dall'articolo 2392 Codice Civile comporta che, ai fini del suo accoglimento, la società ha l'onere di provare soltanto la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra le stesse ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori l'onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebito contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi loro imposti", per poi rilevare che "la fattispecie in esame ricade nell'ambito temporale di applicazione dell'articolo 2392 Codice Civile, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 6/2003, si osserva che, nell'escludere la rilevanza del difetto di delega, la Corte d'Appello ha fatto corretta applicazione del principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il dovere di vigilare sul generale andamento della società, che il secondo comma della predetta disposizione pone a carico degli amministratori, permane anche in caso di attribuzione di funzioni al comitato esecutivo o a singoli amministratori delegati, salva la prova che i rimanenti consiglieri, pur essendosi diligentemente attivati, non abbiano potuto in concreto esercitare la predetta vigilanza a causa del comportamento ostativo degli altri componenti del consiglio".

In sostanza, secondo la Cassazione "E' proprio l'inadempimento di tale dovere, nonché nel mancato esercizio della facoltà di far annotare il loro dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, ai sensi dell'articolo 2392, terzo comma, Codice Civile, che la Corte territoriale ha ravvisato il fondamento della responsabilità degli amministratori privi di deleghe, la cui affermazione, sorretta da un ragionamento immune da vizi logici, non richiedeva l'acquisizione di ulteriori elementi di prova, avuto riguardo al carattere macroscopico della violazione che ha condotto all'irrogazione della sanzione amministrativa a carico della società. Non può non rilevarsi, infatti, come, anche a volerlo ascrivere in via esclusiva agli amministratori delegati, Io sviamento dell'attività assicurativa dal settore individuato nel provvedimento di autorizzazione, non investendo singoli atti ma un intero ramo dell'attività sociale, costituisse, nell'ambito della gestione della società, un fenomeno di portata tale da non poter sfuggire all'attenzione degli amministratori sprovvisti di delega, indipendentemente dallo loro durata in carica".

 


 
 

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