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Servitù di passaggio ed usucapione

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE - Sentenza 10 marzo 2011, n. 5733
 

Cassazione Lavoro: no alla responsabilità automatica del committente per infortunio lavoratore

Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 30 gennaio 2012, n. 3563
 

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02-06-2011

Cassazione Civile: il risarcimento del danno deve essere integrale e personalizzato

Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 26 maggio 2011, n. 11609

 

da www.filodiritto.it 

La Cassazione è tornata in maniera esauriente e chiara ad affrontare la materia delle voci di danno risarcibili, nel caso di specie per danni provocati ad un bagnante dall'investimento di un motoscafo, ribadendo che "le Sezioni Unite di questa S.C., nel procedere alla sistemazione della figura del "danno non patrimoniale" hanno chiaramente affermato che, in tema di danno alla persona, il riconoscimento del carattere "omnicomprensivo" del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a scapito del principio della "integralità" del risarcimento medesimo".

Il conducente del motoscafo ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia con la quale la Corte di Appello di Messina "a. ha riconosciuto il danneggiato affetto da crisi epilettiche post-traumatiche, con frequenza 4-5 volte al mese anche plurisettimanali, attribuendogli, ai fini della determinazione del danno biologico, un'invalidità permanente del 50%; b. ha liquidato in Euro 51.645,49 il danno biologico; ha liquidato il danno morale soggettivo nel 50% del biologico (Euro 25.823,84); ha attribuito anche il danno morale latu sensu, richiesto dalla vittima quale danno alla vita di relazione, stimato equitativamente in Euro 41.316,55, definito come voce di danno "che integra e completa il danno biologico e non è da considerarsi autonoma"; ha liquidato in via equitativa anche il danno patrimoniale futuro in Euro 61.974,72= e quello per spese mediche e cure passate e future in Euro 25.882,84".

In via preliminare, la Cassazione ha ricordato che "le Sezioni Unite di questa S.C., nel procedere alla sistemazione della figura del "danno non patrimoniale" hanno chiaramente affermato che, in tema di danno alla persona, il riconoscimento del carattere "omnicomprensivo" del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a scapito del principio della "integralità" del risarcimento medesimo. Secondo le Sezioni Unite, infatti, il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre; il danno non patrimoniale di cui all'articolo 2059 Codice Civile, identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie; il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno; è compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione (affermazioni contenute nel punto 4.8 di Cass. S.U. n. 26972/08)".

In sostanza, "la giurisprudenza di questa Suprema Corte, da un lato, ha ricondotto i danni risarcibili nell'ambito della classificazione bipolare stabilita dal legislatore, riassumendoli tutti nelle due categorie dei danni patrimoniali e dei danni non patrimoniali, specificando che le distinzioni elaborate dalla dottrina e dalla prassi fra danno biologico, danno per morte, danno esistenziale, ecc, hanno funzione meramente descrittiva; dall'altro lato, ha precisato che, nel procedere alla quantificazione ed alla liquidazione dell'unica categoria "danno non patrimoniale", il giudice deve tenere conto di tutti gli aspetti di cui sopra; se, pertanto, debbono essere evitate duplicazioni risarcitorie, mediante l'attribuzione di somme separate e diverse in relazione alle diverse voci (sofferenza morale, danno alla salute, danno estetico, ecc), i danni non patrimoniali debbono comunque essere integralmente risarciti, nei casi in cui la legge ne ammette la riparazione: nel senso che il giudice, nel liquidare quanto spetta al danneggiato, deve tenere conto dei diversi aspetti in cui il danno si atteggia nel caso concreto (v. Cass. n. 8360/10)".

Riferendosi poi al caso di specie, la Cassazione ha confermato la pronuncia di secondo grado, in quanto "procedendo al riconoscimento del danno morale soggettivo, la Corte territoriale non ha violato le indicate disposizioni di legge e non ha dato luogo ad un'inammissibile duplicazione, avendo attribuito tale componente del danno, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all'integrità morale, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall'art. 2 Cost. in relazione all'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E., contenuta nel Trattato di Lisbona (ratificato dall'Italia con legge n. 190/08), tenendo conto delle condizioni soggettive della vittima e della gravità del fatto (Cass. n. 29091/08; 5770/10)".

Ancora: "La Corte territoriale ha congruamente e correttamente riconosciuto un'ulteriore componente del danno non patrimoniale, distinta dal danno morale ed integrativa di quello quantificato a titolo di danno biologico, in considerazione che, a seguito dell'incidente e dell'insorta epilessia traumatica, il danneggiato non aveva potuto coltivare gli esercizi di atletica pesante, in cui aveva ottenuto lusinghieri risultati, non aveva potuto continuare la pratica di commercialista, né coltivare la vita di relazione e sociale, isolandosi socialmente, alterando le proprie abitudini di vita, ciò anche a causa delle crisi depressive conseguenti ai frequenti attacchi di epilessia. Ciò dimostra che vi è stato un congruo e corretto apprezzamento delle risultanze processuali e che la decisione, sul piano giuridico, è in armonia con il richiamato principio della "integralità" del risarcimento del danno alla persona, il quale, per quanto concerne il "danno biologico", comporta che tale figura - che ha avuto espresso riconoscimento normativo nel Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articoli 138 e 139, recante il Codice delle assicurazioni private, va individuata nella "lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di reddito", con una definizione suscettiva di generale applicazione, in quanto recepisce i risultati ormai definitivamente acquisiti di una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale (v., in tal senso, Cass. S.U. n. 26972/08, punto 2.13)".

In definitiva, "riconoscendo, pertanto, detta componente - in considerazione dei gravi postumi permanenti incidenti negativamente sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato - la Corte territoriale ha proceduto alla corretta "personalizzazione" del risarcimento del danno biologico (Cass. n. 3906/10; 25236/09)".


Cassazione Civile: nesso causale nella causa da responsabilità medica e perdita di chance
22-06-2011

da www.filodiritto.it 

 

La Cassazione è tornata sui differenti criteri da utilizzare per determinare la sussistenza del nesso causale in relazione ad un caso di malpractice medica, qualora si  verta in giudizio penale o giudicio civile. La Cassazione ha inoltre approfondito il tema della risarcibilità della perdita di chance.

- Nesso causale

In merito al procedimento logico - giuridico ai fini della ricostruzione del nesso causale, "ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha esaminato l'identità di tali standars delle prove in tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta differenza tra processo civile e penale (in questo senso Cass. 16.10.2007, n. 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238; 11/05/2009, n. 10741; Cass. 22837 del 2010; Cass. 16123 del 2010).

Detto standard di "certezza probabilistica" in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni)".

Secondo la Cassazione, nella fattispecie, la sentenza impugnata si è conformata a detti principi. "Sulla base di accertamenti fattuali (sulla correttezza della cui motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., si vedrà successivamente) ha ritenuto accertato in punto di fatto che l'inadempimento ascritto, (mancata diagnosi istologica di neoplasia, a seguito dell'intervento effettuato di lobectomia sinistra) non avrebbe né evitato l'exitus finale né avrebbe prolungato apprezzabilmente la vita della sig.ra G. né la stessa sarebbe significativamente evoluta in melius. Pertanto, avendo la corte ritenuto che un'eventuale prognosi più precoce non avrebbe favorito un approccio terapeutico più efficace né avrebbe migliorato la qualità e la durata della vita della paziente, con giudizio contro fattuale ha escluso anche in termini di prevalenza di probabilità che i danni lamentati dai ricorrenti fossero conseguenza della mancata tempestiva e corretta diagnosi tumorale da errore istologico e che essi si sarebbero in ogni caso verificati, trovando causa esclusiva nella malattia neoplastica".

- Omessa dignosi

"In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico, che normalmente sia da praticare per evitare che l'esito definitivo del processo morboso si verifichi anzitempo, prima del suo normale decorso, e risulti inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la "chance" di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita nonché la "chance" di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti (Cass. 18/09/2008, n. 23846).

Ciò comporta che, quando sia stata fornita la dimostrazione, anche in via presuntiva e di calcolo probabilistico, dell'esistenza di una chance di consecuzione di un vantaggio in relazione ad una determinata situazione giuridica, la perdita di tale chance è risarcibile come danno alla situazione giuridica di cui trattasi indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione. La idoneità della chance a determinare presuntivamente o probabilmente ovvero solo possibilmente la detta consecuzione è, viceversa, rilevante, soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa, posto che nel primo caso il valore della chance è certamente maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la sua perdita, che, del resto, in presenza di una possibilità potrà anche essere escluso, all'esito di una valutazione in concreto della prossimità della chance rispetto alla consecuzione del risultato e della sua idoneità ad assicurarla.

Nella fattispecie la questione in termini di perdita di chance, inteso come risultato utile possibile, va ritenuta non affetta da inammissibilità, conseguente alla novità della stessa in questa sede di legittimità.

Infatti può superarsi la tesi secondo cui esito positivo probabile e possibilità di tale esito costituiscano oggetto di pretese risarcitorie diverse ed accedere ad un risultato per cui probabilità di esito favorevole dell'intervento medico e la sua sola possibilità non siano che gradazioni di una stessa affermazione di pregiudizio, risentito a causa dell'omissione colposa del comportamento dovuto.

Ciò comporta optare, nelle situazioni caratterizzate dal più probabile che non, ma anche da una non eliminabile porzione di incertezza, per una applicazione generalizzata degli esiti della tecnica risarcitoria della chance e quindi nel senso di distribuire il peso del danno tra le parti in misura proporzionale all'apporto causale della colpa e dei fattori di rischio presenti nel paziente (cfr. Cass. 16.1.2009, n. 975).

Ritenuta la richiesta del risarcimento del danno da perdita di chance come riduzione dell'originaria domanda di risarcimento dell'intero pregiudizio assunto, da una parte essa non determina una mutatio libelli e dall'altra tale riduzione può essere effettuata direttamente anche dal giudice, pur in difetto di esplicita richiesta della parte in tal senso riduttiva (cfr. Cass. 21/02/2007, n. 4003).

Sennonché nella fattispecie la corte ha escluso sulla base delle conclusioni dei vari consulenti tecnici, che la tempestiva diagnosi tumorale abbia comportato con l'apprestamento di una terapia diversa da quella del follow-up e segnatamente quella chemioterapica, la possibilità per la sig.ra G. di avere un qualche miglioramento apprezzabile di durata o qualità della vita. Con ciò è esclusa in fatto l'avvenuta perdita di chance".

 


 
 

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