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Cassazione Civile: decreto ingiuntivo e fallimento della s.n.c., effetti nei confronti dei soci

Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 24 marzo 2011, n.6734
 

Cassazione Lavoro: no alla responsabilità automatica del committente per infortunio lavoratore

Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 30 gennaio 2012, n. 3563
 

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17-12-2011

Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151

 

da www.filodiritto.it  

La nullità del contratto può essere rilevata d'ufficio allorché sia stata proposta domanda di esatto adempimento o anche allorché sia stata domandata la risoluzione del contratto, l'annullamento o la rescissione del contratto (equiparandosi alla risoluzione lo scioglimento da parte del curatore ai sensi dell'art. 72 legge fallim.) del contratto stesso.

Rilevando un contrasto nella giurisprudenza la Corte ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per la eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

"Su tale questione è dato registrare un consapevole contrasto nella giurisprudenza di questa Corte. La tesi tradizionale, secondo cui il rilievo d'ufficio della nullità è consentito solo nel caso di domanda di esatto adempimento del contratto, comportando la nullità il difetto di un elemento costitutivo del diritto azionato, è stata sottoposta a critica da Cass. Sez. III 22 marzo 2005, n. 6170, che ha ampliato le ipotesi di rilievo di ufficio della nullità alle domande di risoluzione, annullamento o rescissione del contratto, rispetto alle quali la verifica della validità del medesimo andrebbe fatta oggetto di accertamento incidentale avendo carattere pregiudiziale in senso logico- giuridico.

Cass. Sez. Lav. 14 ottobre 2005, n. 19903 ha prontamente ribadito, altrettanto consapevolmente e motivatamente, l'orientamento tradizionale, e il contrasto non è stato superato dalla giuirisprudenza successiva, nella quale è dato registrare la riproposizione sia della tesi tradizionale, più restrittiva (Cass. Sez. II 6 ottobre 2006, n. 21632; Sez. I 26 maggio 2006, n. 12627; Sez. II 17 maggio 2007, n. 11550; Sez. I 27 aprile 2011, n. 9395), sia della tesi che apre al rilievo d'ufficio della nullità anche in presenza di domande di risoluzione, annullamento o rescissione (Cass. Sez. III 12 aprile 2006, n. 8612; Sez. III 16 maggio 2006, n. 11356; Sez. III 15 settembre 2008, n. 23674; Sez. III 20 agosto 2009, n. 18540; Sez. III 7 febbraio 2011, n. 2956).


Cassazione Civile: ancora sulla liquidazione del danno esistenziale

 

da www.filodiritto.com


La Corte di Cassazione ha ripercorso l'orientamento delle Sezioni Unite in materia di risarcimento del danno esistenziale, nell'ambito di un caso di grande interesse (trauma causato dall'avere improvvisamente scoperto di dover perdere il trattamento pensionistico e di dover lavorare per ulteriori dieci anni).

"Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. ex purimis, Cass., SU n. 26972/2008, cit.), dal cui orientamento il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, hanno evidenziato che, quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato (come si verifica nel caso di specie, avendo il lavoratore, per conseguenza dell'illecita condotta perpetrata nei suoi confronti, riportato lesioni alla propria integrità psico-fisica), la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; più in particolare, sempre nella suddetta ipotesi, spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato; tale pregiudizio, che può essere permanente o temporaneo (e tali circostanze devono essere tenute presenti in sede di liquidazione, mentre sono irrilevanti ai fini della risarcibilità), può inoltre sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali ed in quest'ultimo caso, tuttavia, di esso il giudice dovrà tenere conto nella personalizzazione del danno biologico, mentre non ne è consentita una autonoma liquidazione.

Infatti, sempre secondo le Sezioni Unite, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale, ma, ove vengano lamentate degenerazioni patologiche della sofferenza, si rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca, costituisce componente, con la conseguenza che determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale inteso nei suindicati termini, sovente liquidato in percentuale del primo, cosicché, esclusa la praticabilità di tale operazione, il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, dovrà procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Parimenti possono costituire solo "voci" del danno biologico (al quale va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva) nel suo aspetto dinamico il cosiddetto danno alla vita di relazione e i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione

 


 
 

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