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Servitù di passaggio ed usucapione

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE - Sentenza 10 marzo 2011, n. 5733
 

Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390
 

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27-05-2011

Cassazione Civile: forma scritta per la rinuncia alla servitù senza particolari formalità

Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 12 maggio 2011, n. 10457

 

da www.filodiritto.it 

 

"Il requisito di forma scritta stabilito dall'articolo 1350, n. 5), Codice Civile per la rinuncia ad una servitù può essere integrato dalla sottoscrizione di atti di tipo diverso, non essendo necessarie formule sacramentali o espressioni formali particolari, purché contenenti una chiara ed univoca espressione di volontà incompatibile con il mantenimento del predetto diritto reale. Pertanto, la rinuncia ad una servitù negativa può essere contenuta nell'istanza di concessione edilizia diretta all'esecuzione di opere che, realizzate, determinino il venir meno dell'utilitas da cui dipende l'esistenza della servitù stessa".

Il predetto importante principio è stato stabilito dalla Cassazione, in un caso relativo al diritto di "servitus inaedificandi", con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, che nella sentenza poi cassata aveva invece giudicato che l'istanza di rilascio di concessione edilizia non era atto di per sé diretto ad incidere sulla servitù. Viceversa, secondo la Cassazione, "nella situazione fattuale accertata dal giudice di merito, l'istanza di concessione edilizia, ove riconducibile alla volontà di entrambi i proprietari dei fondi reciprocamente asserviti, costituisce atto che implica necessariamente la volontà di estinguere la servitù per mutua rinuncia".


Contenuto del patto successorio

da www.filodiritto.com  

In materia di patto successorio, richiamando il proprio orientamento, la Corte di Cassazione, cassando la pronuncia di secondo grado, ha ribadito che "Sono patti successori, da un lato, le convenzioni aventi per oggetto una vera istituzione di erede rivestita della forma contrattuale e, dall'altro, quelle che abbiano per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta e facciano sorgere un vinculum iuris, di cui la disposizione ereditaria rappresenti l'adempimento. Il patto successorio, ponendosi in contrasto con il principio fondamentale (e pertanto di ordine pubblico) del nostro ordinamento della piena libertà del testatore di disporre dei propri beni fino al momento della sua morte, è per definizione non suscettibile della conversione, ex art. 1424 codice civile, in un testamento, mediante la quale si realizzerebbe proprio lo scopo, vietato dall'ordinamento, di vincolare la volontà del testatore al rispetto di impegni, concernenti la propria successione, assunti con terzi (v. Cass., sent. n. 4827 del 1989)".

Avendo riguardo al caso di specie, la Cassazione ha stabilito che: "Nella specie, la configurabilità di un patto successorio nella dichiarazione con la quale la odierna ricorrente assentiva al trasferimento ai due fratelli degli immobili di proprietà del padre, a fronte dell'impegno dei medesimi di versarle la somma di lire 60.000.000, deve desumersi, in particolare, dalla coeva donazione da parte del padre ai fratelli di detti immobili, nonché dal contenuto del testamento, pubblicato nel 1990, ma redatto già nel 1985, in epoca, cioè, largamente precedente la scrittura di cui si tratta, con il quale il de cuius lasciava ai figli maschi anche la quota disponibile, oltre alla legittima, concedendo alla figlia la somma di lire 10.000.000, a titolo di tacitazione dei suoi diritti di legittimaria. Resta, così, sconfessata la conclusione cui è pervenuta la Corte di merito, secondo la quale dalla lettura dell'atto in questione non sarebbe emerso che esso fosse stato stilato con l'intento di disporre dei diritti che ai sottoscrittori potessero spettare sulla successione non ancora aperta del loro genitore, e, così, lo stesso atto non sarebbe stato nullo ex art. 458 codice civile, ma di esso la figlia avrebbe dovuto chiedere l'annullamento una volta pubblicato il testamento del padre: ciò che non aveva fatto".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.  


 


 
 

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