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Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390
 

Cassazione Civile: decreto ingiuntivo e fallimento della s.n.c., effetti nei confronti dei soci

Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 24 marzo 2011, n.6734
 

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28-01-2012

Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390

 

da www.filodiritto.it 

 

La Suprema Corte, chiamata ad accertare se il diritto di un presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali al compenso pattuito fosse stato estinto dal pagamento fatto al terzo, nel caso di specie a favore di due società che facevano capo al creditore, ha escluso che:

1) detto pagamento possa essere considerato, per presunzione di legge, voluto e quindi conosciuto dallo stesso, con la conseguente estinzione dell'obbligazione gravante sulla società, e

2) il bilancio sottoscritto dal presidente del consiglio di amministrazione possa costituire presunzione legale dell'esistenza e conoscenza dei fatti e degli atti in esso elencati, dispensando da qualunque prova coloro a favore del quale le presunzioni sono stabilite.

In sintesi, queste sono le principali conclusioni a cui è giunta la Corte all'esito del giudizio in esame.

In particolare, la Suprema Corte, respingendo il ricorso della società debitrice, ha confermato la sentenza resa dai giudici della Corte di Appello di Roma che aveva condannato la società a ripetere i pagamenti nell'interesse del creditore, poiché non era stata fornita la prova della delega del pagamento del credito a favore di due (sue) società.

I Giudici di merito avevano quindi correttamente osservato che non era stata raggiunta la prova della delega del pagamento del compenso a favore delle due società e che:
(i) l'unica prova, non sufficiente, offerta dalla società debitrice era costituita dalla sottoscrizione dei bilanci da parte del creditore, dalla quale, secondo la tesi di parte ricorrente, si sarebbe dovuto desumere la conoscenza dei pagamenti e quindi il suo consenso;
(ii) né i bilanci prodotti né le relazioni approvate dal consiglio di amministrazione evidenziavano quei pagamenti;
(iii) quando pure i pagamenti risultassero dalla contabilità sociale della convenuta da ciò non poteva presumersi la conoscenza di queste registrazioni da parte del controricorrente, che - come accertato in corso di causa - non seguiva la contabilità sociale, pur dovendone rispondere giuridicamente;
(iv) nella specie non si trattava di accertare tale responsabilità, bensì la conoscenza acquisita dal creditore dei pagamenti fatti a terzi.

A conferma di quanto sopra, la Corte esclude che "la diligenza richiesta agli amminsitratori, in sede di redazione di bilancio, si estenda alla verifica analitica dei titoli dei pagamenti registrati nel corso dell'anno e della loro efficacia liberatoria, limitandosi la responsabilità degli amministratori, per questa parte, alla corrispondeza delle poste che emergono nel conto economico con la contabilità della società. La stessa correttezza della contabilità, del resto, verte sul fatto che i dati contabilizzati registrino operazioni effettivamente compiute, ma non implicano valutazioni sulla validità dei titoli di pagamento e sulla loro efficacia liberatoria".

Pertanto, continua la Corte, "il bilancio ... vincola i soci e la società, ma non i terzi, qual è lo stesso amministratore nel suo rapporto contrattuale di lavoro con la società. Esso dunque, se approvato e non tempestivamente impugnato ... non comporta che il pagamento al terzo debba ritenersi valido e idoneo ad estinguere l'obbligazione per il creditore che lo richieda in giudizio".

Sulla base di dette considerazioni, la Corte di Cassazione esclude che il pagamento fatto dalla società sia imputabile allo stesso amministratore, "giacché l'immedesimazione organica comporta l'immediata imputazione alla persona giuridica dell'atto del suo organo, e non il contrario. Dalla premessa che la società abbia pagato non può trarsi dunque l'illazione che il pagamento sia imputabile alla persona fisica del suo amministratore (anche unico), che qui deve essere considerato non come organo della società, ma come suo creditore; e lo stesso pagamento fatto o disposto dall'amministratore quale organo della società deve essere valutato, sul piano psicologico, e quindi meramente presuntivo dei rapporti in corso tra le parti, in modo assai diverso, potendo esso costituirse un atto dovuto per la società nei confronti del terzo, per un titolo diverso dalla delega del creditore".

In conclusione, i Giudici della Suprema Corte considerano errato l'assunto per il quale, nel caso di specie, "la prova liberatoria richiesta dalla debitrice riguardasse la conoscenza, da parte dell'amministratore-creditore, del pagamento delle sue competenze alle sue società terze". Tale conoscenza non può dunque determinare l'estinzione dei crediti, per la quale è necessario provare la "positiva manifestazione di volontà" del creditore che i pagamenti fossero fatti ad altri.


Cassazione Civile: nesso causale nella causa da responsabilità medica e perdita di chance
22-06-2011

da www.filodiritto.it 

 

La Cassazione è tornata sui differenti criteri da utilizzare per determinare la sussistenza del nesso causale in relazione ad un caso di malpractice medica, qualora si  verta in giudizio penale o giudicio civile. La Cassazione ha inoltre approfondito il tema della risarcibilità della perdita di chance.

- Nesso causale

In merito al procedimento logico - giuridico ai fini della ricostruzione del nesso causale, "ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha esaminato l'identità di tali standars delle prove in tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta differenza tra processo civile e penale (in questo senso Cass. 16.10.2007, n. 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238; 11/05/2009, n. 10741; Cass. 22837 del 2010; Cass. 16123 del 2010).

Detto standard di "certezza probabilistica" in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni)".

Secondo la Cassazione, nella fattispecie, la sentenza impugnata si è conformata a detti principi. "Sulla base di accertamenti fattuali (sulla correttezza della cui motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., si vedrà successivamente) ha ritenuto accertato in punto di fatto che l'inadempimento ascritto, (mancata diagnosi istologica di neoplasia, a seguito dell'intervento effettuato di lobectomia sinistra) non avrebbe né evitato l'exitus finale né avrebbe prolungato apprezzabilmente la vita della sig.ra G. né la stessa sarebbe significativamente evoluta in melius. Pertanto, avendo la corte ritenuto che un'eventuale prognosi più precoce non avrebbe favorito un approccio terapeutico più efficace né avrebbe migliorato la qualità e la durata della vita della paziente, con giudizio contro fattuale ha escluso anche in termini di prevalenza di probabilità che i danni lamentati dai ricorrenti fossero conseguenza della mancata tempestiva e corretta diagnosi tumorale da errore istologico e che essi si sarebbero in ogni caso verificati, trovando causa esclusiva nella malattia neoplastica".

- Omessa dignosi

"In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico, che normalmente sia da praticare per evitare che l'esito definitivo del processo morboso si verifichi anzitempo, prima del suo normale decorso, e risulti inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la "chance" di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita nonché la "chance" di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti (Cass. 18/09/2008, n. 23846).

Ciò comporta che, quando sia stata fornita la dimostrazione, anche in via presuntiva e di calcolo probabilistico, dell'esistenza di una chance di consecuzione di un vantaggio in relazione ad una determinata situazione giuridica, la perdita di tale chance è risarcibile come danno alla situazione giuridica di cui trattasi indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione. La idoneità della chance a determinare presuntivamente o probabilmente ovvero solo possibilmente la detta consecuzione è, viceversa, rilevante, soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa, posto che nel primo caso il valore della chance è certamente maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la sua perdita, che, del resto, in presenza di una possibilità potrà anche essere escluso, all'esito di una valutazione in concreto della prossimità della chance rispetto alla consecuzione del risultato e della sua idoneità ad assicurarla.

Nella fattispecie la questione in termini di perdita di chance, inteso come risultato utile possibile, va ritenuta non affetta da inammissibilità, conseguente alla novità della stessa in questa sede di legittimità.

Infatti può superarsi la tesi secondo cui esito positivo probabile e possibilità di tale esito costituiscano oggetto di pretese risarcitorie diverse ed accedere ad un risultato per cui probabilità di esito favorevole dell'intervento medico e la sua sola possibilità non siano che gradazioni di una stessa affermazione di pregiudizio, risentito a causa dell'omissione colposa del comportamento dovuto.

Ciò comporta optare, nelle situazioni caratterizzate dal più probabile che non, ma anche da una non eliminabile porzione di incertezza, per una applicazione generalizzata degli esiti della tecnica risarcitoria della chance e quindi nel senso di distribuire il peso del danno tra le parti in misura proporzionale all'apporto causale della colpa e dei fattori di rischio presenti nel paziente (cfr. Cass. 16.1.2009, n. 975).

Ritenuta la richiesta del risarcimento del danno da perdita di chance come riduzione dell'originaria domanda di risarcimento dell'intero pregiudizio assunto, da una parte essa non determina una mutatio libelli e dall'altra tale riduzione può essere effettuata direttamente anche dal giudice, pur in difetto di esplicita richiesta della parte in tal senso riduttiva (cfr. Cass. 21/02/2007, n. 4003).

Sennonché nella fattispecie la corte ha escluso sulla base delle conclusioni dei vari consulenti tecnici, che la tempestiva diagnosi tumorale abbia comportato con l'apprestamento di una terapia diversa da quella del follow-up e segnatamente quella chemioterapica, la possibilità per la sig.ra G. di avere un qualche miglioramento apprezzabile di durata o qualità della vita. Con ciò è esclusa in fatto l'avvenuta perdita di chance".

 


 
 

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