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Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151
 

DEMANSIONAMENTO E RISARCIMENTO DEL DANNO

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO - Sentenza 14 aprile 2011, n. 8527
 

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09-10-2011

Cassazione Civile: cessione di quote societarie e divieto di concorrenza

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 23 settembre 2011, n.19430

 

da www.filodiritto.it 

 

La Corte di Cassazione, confermando la sentenza dei giudici della Corte di appello di Venezia, ha escluso il diritto al risarcimento dei danni del socio ricorrente per la (presunta) violazione del divieto di concorrenza di cui all'articolo 2557, primo comma, Codice Civile non riconoscendo nell'acquisto di una quota societaria (40%) da parte del ricorrente il trasferimento dell'avviamento societario.

A norma dell'articolo 2557 in materia di divieto di concorrenza: 1. Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta. 2. Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell'alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento. 3. Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento. 4. Nel caso di usufrutto o di affitto dell'azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell'usufrutto o dell'affitto. 5. Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende agricole solo per le attività ad esse connesse, quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela.

La decisione si allinea alla giurisprudenza di legittimità in tema di divieto di concorrenza, per la quale è ormai pacifico ritenere che "la disposizione contenuta nell'articolo 2557 cod. civ. ... non ha il carattere dell'eccezionalità, in quanto con essa il legislatore non ha posto una norma derogativa del principio di libera concorrenza, ma ha inteso disciplinare nel modo più congruo la portata di quegli effetti connaturali al rapporto contrattuale posto in essere dalle parti.

Pertanto, non è esclusa l'estensione analogica del citato art. 2557 cod. civ. all'ipotesi di cessione di quote di partecipazione in una società di capitali, ove il giudice di merito ... accerti che tale cessione abbia realizzato un "caso simile" all'alienazione d'azienda, producendo sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell'azienda (cfr. Cass. civ., I sezione n. 27505)".

Nel caso di specie, l'accertamento svolto dai giudici di merito e dalla Cassazione non ha condotto all'applicazione analogica del citato articolo, in quanto è stata esclusa (i) l'equivalenza fra cessione della quota del 40% e l'alienazione dell'intera azienda e (ii) la sostituzione dell'imprenditore cessionario a quello societario.

La Corte, respingendo il ricorso, ha dichiarato la sentenza impugnata conforme ai criteri interpretativi fissati dalla giurisprudenza di legittimità.


Cassazione Civile: affitto d'azienda e limiti all'opposizione di terzo nel processo esecutivo
09-09-2011

da www.filodiritto.it 

 

Rovesciando la sentenza del Tribunale di Ivrea, la Corte di Cassazione, pur ritenendo meramente esemplificativa l'indicazione contenuta nell'articolo 619 c.p.c. (proprietà o altro diritto reale) e riconoscendo il principio generale per il quale la legittimazione a proporre l'opposizione di terzi nel processo esecutivo va estesa anche ai titolari di taluni particolari diritti di credito sui beni oggetto dell'esecuzione, ha escluso la legittimazione attiva all'opposizione in capo all'affittuario di un'azienda che comprendeva i beni mobili oggetto della procedura espropriativa azionata per il recupero di crediti fiscali e previdenziali.

La decisione, fondata sul principio riconosciuto dalla giurisprudenza in materia, per il quale con riferimento ai diritti di credito il criterio della prevalenza si integra con quello del rapporto diretto con la cosa, esclude la prevalenza del contratto di affitto d'azienda, in quanto identico, per i presupposti e gli elementi essenziali, alla locazione, titolo non idoneo a legittimare il diritto del terzo.

Pertanto, considerato quanto sopra, la Corte riconosce quale unica tutela del beneficiario dei beni mobili quella derivante dal rapporto contrattuale sottostante, tutela azionabile unicamente nei confronti del dante causa con le azioni concesse per la limitazione, compressione o la soppressione delle possibilità del godimento del bene oggetto dell'obbligazione assunta dalla sua sola controparte contrattuale.


 


 
 

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