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DEMANSIONAMENTO E RISARCIMENTO DEL DANNO

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO - Sentenza 14 aprile 2011, n. 8527
 

Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151
 

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09-09-2011

Cassazione Civile: affitto d'azienda e limiti all'opposizione di terzo nel processo esecutivo

Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 31 agosto 2011

 

da www.filodiritto.it 

 

Rovesciando la sentenza del Tribunale di Ivrea, la Corte di Cassazione, pur ritenendo meramente esemplificativa l'indicazione contenuta nell'articolo 619 c.p.c. (proprietà o altro diritto reale) e riconoscendo il principio generale per il quale la legittimazione a proporre l'opposizione di terzi nel processo esecutivo va estesa anche ai titolari di taluni particolari diritti di credito sui beni oggetto dell'esecuzione, ha escluso la legittimazione attiva all'opposizione in capo all'affittuario di un'azienda che comprendeva i beni mobili oggetto della procedura espropriativa azionata per il recupero di crediti fiscali e previdenziali.

La decisione, fondata sul principio riconosciuto dalla giurisprudenza in materia, per il quale con riferimento ai diritti di credito il criterio della prevalenza si integra con quello del rapporto diretto con la cosa, esclude la prevalenza del contratto di affitto d'azienda, in quanto identico, per i presupposti e gli elementi essenziali, alla locazione, titolo non idoneo a legittimare il diritto del terzo.

Pertanto, considerato quanto sopra, la Corte riconosce quale unica tutela del beneficiario dei beni mobili quella derivante dal rapporto contrattuale sottostante, tutela azionabile unicamente nei confronti del dante causa con le azioni concesse per la limitazione, compressione o la soppressione delle possibilità del godimento del bene oggetto dell'obbligazione assunta dalla sua sola controparte contrattuale.



Cassazione Civile: condanna dell'Agenzia delle Entrate al risarcimento dei danni
06-03-2011

 da www.filodiritto.it  

La Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia del Giudice di Pace che la aveva condannata al risarcimento dei danni provocati per un ritardato annullamento degli avvisi di accertamento. Secondo l'Agenzia "manca nella specie il carattere dell' ingiustizia del danno, in relazione al fatto che l'annullamento in autotutela non si configura quale obbligo bensì come mera facoltà dell'amministrazione, con le conseguenze che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al ritiro dell'atto in positivo".

La Cassazione ha in via preliminare ricordato che, "come del resto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte - tra le altre, Cass. nn.1191/2003; 7531/2009; S.U. 26108/2007 - l'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell'art.2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte dell.a stessa pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui all'art.97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenza stabilite dall'art.2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale".

"Sul punto, il giudice di merito ha, sulla base del discrezionale potere valutativo ad esso spettante, ritenuta sussistente la violazione dell'art. 2043 c.c., affermando, con sufficiente e logica motivazione, che "buon diritto ha Tizio di vedersi risarcito il danno causato dalla Pubblica Amministrazione. Infatti, anche sulla Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere, previsto dall'art. 2043 c.c.. Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del suddetto principio; infatti, nonostante le diffide, mai l'Agenzia delle Entrate ha provveduto a verificare quanto dall'attore lamentato, e cioè che esso non era tenuto al pagamento delle somme richieste con gli avvisi di accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori sollecitazioni da parte del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate ha ammesso l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somma richieste. E' ovvio che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione, violando più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha causato un danno economico a Tizio, che non può che essere risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonché le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione"".

 


 
 

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