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Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390
 

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CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE - Sentenza 10 marzo 2011, n. 5733
 

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22-06-2011

Cassazione Civile: nesso causale nella causa da responsabilità medica e perdita di chance

Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 14 giugno 2011, n. 12961

 

da www.filodiritto.it 

 

La Cassazione è tornata sui differenti criteri da utilizzare per determinare la sussistenza del nesso causale in relazione ad un caso di malpractice medica, qualora si  verta in giudizio penale o giudicio civile. La Cassazione ha inoltre approfondito il tema della risarcibilità della perdita di chance.

- Nesso causale

In merito al procedimento logico - giuridico ai fini della ricostruzione del nesso causale, "ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha esaminato l'identità di tali standars delle prove in tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta differenza tra processo civile e penale (in questo senso Cass. 16.10.2007, n. 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238; 11/05/2009, n. 10741; Cass. 22837 del 2010; Cass. 16123 del 2010).

Detto standard di "certezza probabilistica" in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni)".

Secondo la Cassazione, nella fattispecie, la sentenza impugnata si è conformata a detti principi. "Sulla base di accertamenti fattuali (sulla correttezza della cui motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., si vedrà successivamente) ha ritenuto accertato in punto di fatto che l'inadempimento ascritto, (mancata diagnosi istologica di neoplasia, a seguito dell'intervento effettuato di lobectomia sinistra) non avrebbe né evitato l'exitus finale né avrebbe prolungato apprezzabilmente la vita della sig.ra G. né la stessa sarebbe significativamente evoluta in melius. Pertanto, avendo la corte ritenuto che un'eventuale prognosi più precoce non avrebbe favorito un approccio terapeutico più efficace né avrebbe migliorato la qualità e la durata della vita della paziente, con giudizio contro fattuale ha escluso anche in termini di prevalenza di probabilità che i danni lamentati dai ricorrenti fossero conseguenza della mancata tempestiva e corretta diagnosi tumorale da errore istologico e che essi si sarebbero in ogni caso verificati, trovando causa esclusiva nella malattia neoplastica".

- Omessa dignosi

"In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico, che normalmente sia da praticare per evitare che l'esito definitivo del processo morboso si verifichi anzitempo, prima del suo normale decorso, e risulti inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la "chance" di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita nonché la "chance" di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti (Cass. 18/09/2008, n. 23846).

Ciò comporta che, quando sia stata fornita la dimostrazione, anche in via presuntiva e di calcolo probabilistico, dell'esistenza di una chance di consecuzione di un vantaggio in relazione ad una determinata situazione giuridica, la perdita di tale chance è risarcibile come danno alla situazione giuridica di cui trattasi indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione. La idoneità della chance a determinare presuntivamente o probabilmente ovvero solo possibilmente la detta consecuzione è, viceversa, rilevante, soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa, posto che nel primo caso il valore della chance è certamente maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la sua perdita, che, del resto, in presenza di una possibilità potrà anche essere escluso, all'esito di una valutazione in concreto della prossimità della chance rispetto alla consecuzione del risultato e della sua idoneità ad assicurarla.

Nella fattispecie la questione in termini di perdita di chance, inteso come risultato utile possibile, va ritenuta non affetta da inammissibilità, conseguente alla novità della stessa in questa sede di legittimità.

Infatti può superarsi la tesi secondo cui esito positivo probabile e possibilità di tale esito costituiscano oggetto di pretese risarcitorie diverse ed accedere ad un risultato per cui probabilità di esito favorevole dell'intervento medico e la sua sola possibilità non siano che gradazioni di una stessa affermazione di pregiudizio, risentito a causa dell'omissione colposa del comportamento dovuto.

Ciò comporta optare, nelle situazioni caratterizzate dal più probabile che non, ma anche da una non eliminabile porzione di incertezza, per una applicazione generalizzata degli esiti della tecnica risarcitoria della chance e quindi nel senso di distribuire il peso del danno tra le parti in misura proporzionale all'apporto causale della colpa e dei fattori di rischio presenti nel paziente (cfr. Cass. 16.1.2009, n. 975).

Ritenuta la richiesta del risarcimento del danno da perdita di chance come riduzione dell'originaria domanda di risarcimento dell'intero pregiudizio assunto, da una parte essa non determina una mutatio libelli e dall'altra tale riduzione può essere effettuata direttamente anche dal giudice, pur in difetto di esplicita richiesta della parte in tal senso riduttiva (cfr. Cass. 21/02/2007, n. 4003).

Sennonché nella fattispecie la corte ha escluso sulla base delle conclusioni dei vari consulenti tecnici, che la tempestiva diagnosi tumorale abbia comportato con l'apprestamento di una terapia diversa da quella del follow-up e segnatamente quella chemioterapica, la possibilità per la sig.ra G. di avere un qualche miglioramento apprezzabile di durata o qualità della vita. Con ciò è esclusa in fatto l'avvenuta perdita di chance".


INFORTUNIO SUL LAVORO - CORRESPONSABILITA' DATORE DI LAVORO E COMMITTENTE

Il caso: mentre è intento ad eseguire lavori di stuccatura per un impianto di condizionamento, un lavoratore precipita a terra da un ponteggio con ruote, riportando gravissime lesioni. Il Tribunale accerta la corresponsabilità nella causazione dell'infortunio della società datoriale e dello stesso dipendente infortunato, nella rispettiva misura dell'80% e del 20%. La Corte d'appello conferma la pronuncia.

In materia di infortuni sul lavoro e di concorrenza della responsabilità del committente con quella dell'appaltatore, la Cassazione ha ricordato il proprio orientamento secondo cui "la responsabilità per violazione dell'obbligo di adozione di misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro è applicabile anche nei confronti del committente, se pur non incondizionatamente - atteso che non sussiste alcuna norma che prevede direttamente la responsabilità del committente in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro - ma laddove egli stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico organizzativi dell'opera da eseguire".

Secondo la Cassazione la Corte d'appello nel caso di specie ha correttamente applicato il suddetto principio "posto che, dopo aver rilevato che in base alla regola comune in tema di responsabilità per infortuni sul lavoro tale responsabilità incombeva sul datore di lavoro, ha evidenziato che nel caso di specie il committente non si era mai reso garante della vigilanza delle misure da adottare in concreto, né si era in alcun modo riservato alcuna ingerenza in relazione alla realizzazione dell'opera sì da essere coinvolto nella responsabilità per la sicurezza. E sul punto ha correttamente rilevato come nella fattispecie in esame le clausole del contratto di appalto evidenziassero che la responsabilità per la sicurezza incombeva solo sull'appaltatore - datore di lavoro, atteso che l'art. 4 del detto contratto disponeva che "nell'esecuzione dei lavori dovranno essere adottate dall'appaltatore tutte le misure previste dalle vigenti disposizioni di legge in materia di igiene e sicurezza del lavoro", rilevando altresì che la previsione contenuta nel suddetto contratto di appalto secondo cui l'appaltatore era tenuto ad uniformarsi "anche" alle disposizioni che avrebbero potuto essere impartite dal committente in materia di sicurezza, rappresentava per l'appaltatore un obbligo aggiuntivo e per i lavoratori una ulteriore protezione, nel senso che tale previsione contrattuale consentiva al committente di richiedere all'appaltatore misure più rigorose, e di operare degli interventi a tutela della sicurezza dei propri ambienti di lavoro, ma non privava certamente l'appaltatore dei poteri e della responsabilità (esclusiva, nella fattispecie) in materia di sicurezza, e non estendeva tale responsabilità a carico del committente".

In sostanza, "le previsioni contrattuali non contenevano alcuna deroga al principio generale della responsabilità (esclusiva) del datore di lavoro per infortuni sul lavoro, atteso che prevedevano a carico esclusivo dell'appaltatore la adozione delle misure dettate dalle vigenti disposizioni di legge in materia di sicurezza del lavoro; né ricorrevano i presupposti per la estensione della relativa responsabilità al committente avuto riguardo alla circostanza che la previsione contrattuale di sorveglianza da parte dello stesso sul rispetto delle norme di sicurezza e di intervento nei casi più gravi qualora l'appaltatore avesse compiuto azioni contrarie a tali misure, non consentiva di ritenere l'esistenza di una ingerenza tale, quale è ravvisabile allorché il committente si sia riservato i poteri tecnico organizzativi dell'opera da eseguire, da coinvolgerlo nella responsabilità per la sicurezza".

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 28 ottobre 2009, n.22818: Infortunio del lavoratore - Corresponsabilità datore di lavoro e committente - Condizioni).

da www.filodiritto.com

 


 
 

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