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DEMANSIONAMENTO E RISARCIMENTO DEL DANNO

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO - Sentenza 14 aprile 2011, n. 8527
 

Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390
 

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15-05-2011

- Cassazione Civile: il sequestro preventivo di bene cointestato richiede motivazione analitica

Corte di Cassazione, Sentenza 11 maggio 2011, n.18527

 

da www.filodiritto.it 

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio per vizio di motivazione l'ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, Sezione per il Riesame, confermava un decreto di sequestro preventivo per equivalente ex articolo 322 ter c.p.c. di un bene immobile in comunione tra l'indagato e il coniuge. La citata sentenza della Cassazione è stata emessa a seguito del ricorso presentato dal coniuge per vizio di motivazione ed illogicità dell'ordinanza, con il quale denunciava il trasferimento, in data antecedente al sequestro, della proprietà dell'immobile in un fondo patrimoniale a garanzia dei bisogni della famiglia, con contestuale trasferimento della parte di proprietà dell'indagato (50%) a favore del coniuge ricorrente.

La Cassazione, pur condividendo "il ragionamento seguito dal Tribunale laddove ha condivisibilmente ritenuto assoggettabili a sequestro preventivo, in vista della confisca per equivalente, beni cointestati con terzi estranei, ma comunque nella disponibilità dell'indagato ... in aderenza al principio secondo il quale la previsione di cui all'art. 322 ter c.p.p. consente che la confisca possa riguardare beni dei quali il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondete a quello che avrebbe dovuto costituire oggetto della confisca, senza che valgano in contrario eventuali presunzioni o vincoli regolanti i rapporti interni tra creditori e debitori solidali", nel caso di specie, ha ritenuto la sentenza non adeguatamente motivata sotto "il profilo della disponibilità del bene in capo all'indagato, dato per dimostrato sulla base della sola circostanza della cointestazione in parti uguali (50%) del bene medesimo tra l'indagato ed il coniuge". Proprio la destinazione del bene al fondo patrimoniale, secondo la Cassazione, determina la necessità di motivare analiticamente la decisione in merito alla disponibilità del bene in capo all'indagato. Circostanza sulla quale il Tribunale non si era pronunciato. Al termine dell'udienza camerale, la Corte di Cassazione ha rinviato la causa al Tribunale di Roma per il riesame delle circostanze contestate, della regolarità dell'atto di cessione intervenuto tra i coniugi e della disponibilità effettiva del bene in capo all'indagato, alla luce degli elementi emersi nel corso dei giudizi.

Ricordiamo, per completezza, che con la costituzione di un fondo patrimoniale ex articolo 167 del Codice Civile, entrambi i coniugi o solo uno di essi, o terzi, possono vincolare, per atto pubblico, determinati beni immobili, beni mobili registrati o titoli di credito al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Pertanto, i beni vincolati risulteranno sottratti alla piena ed effettiva disponibilità dei coniugi (oltre che dei creditori).


Cassazione SU Civili: anatocismo e prescrizione contratto apertura di credito
04-12-2010

da www.filodiritto.it

La Cassazione ha formulato i seguenti principi di diritto in merito ai rapporti banca - correntista.

- Sull'illegittimità dell'anatocismo annuale ha affermato che:

"L'interpretazione data dal Giudice di merito all'art. 7 del contratto di conto corrente bancario, stipulato dalle parti in epoca anteriore al 22 aprile 2000, secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi contemplata dal primo comma di detto articolo si riferisce solo ad interessi maturati a credito del correntista, essendo invece la capitalizzazione degli interessi a debito previsto dal comma successivo su base trimestrale, è conforme ai criteri legali di interpretazione del contratto, ed in particolare, a clausole: con la conseguenza che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un'eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna."

- Sulla prescrizione, secondo la Cassazione:

"Se, dopo la conclusione del contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, ii termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati".

Non può, pertanto, ipotizzarsi, il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l'attore pretende essere indebito, perché prima di quel non è configurabile alcun diritto di ripetizione.

Un versamento eseguito dal cliente su un contro il cui passivo non abbia superato il limite dell'affidamento concesso dalla banca con l'apertura di credito non ha né lo scopo né l'effetto di soddisfare la pretesa della banca medesima di vedersi restituire le somme date a mutuo (credito che, in quel momento, non sarebbe scaduto né esigibile), bensì quello di riespandere la misura nell'affidamento utilizzabile nuovamente in futura dal correntista. Non è, dunque, un pagamento, perché non soddisfa il creditore ma amplia (o ripristina) la facoltà di indebitamento del correntista; la circostanza che, in quel momento il saldo passivo del conto sia influenzato dai interessi legittimamente fin li computati si traduce in un'indebita limitazione di tale facoltà di maggiore indebitamento, ma nel pagamento anticipato di interessi. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia estratto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti, e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all'atto della chiusura del conto.

 

 


 
 

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