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Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151
 

DEMANSIONAMENTO E RISARCIMENTO DEL DANNO

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO - Sentenza 14 aprile 2011, n. 8527
 

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13-02-2010

Cassazione Civile: consenso consapevolmente prestato dal paziente e risarcimento danni

Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 9 febbraio 2010, n.2847

 

da www.filodiritto.com

Interessante pronuncia della Cassazione in tema di obbligo di informazione incombente sul medico e di consenso informato del paziente. La Cassazione ha concluso che la Corte d'appello è incorsa nell'errore di diritto laddove ha ritenuto che della lesione della salute il medico dovesse rispondere per il solo difetto di un consenso consapevolmente prestato (che è locuzione più propria di quella corrente, giacché "informato" non è il consenso, ma deve esserlo il paziente che lo presta).

Secondo la Cassazione "Condizione di risarcibilità del danno non patrimoniale derivante da mancato rispetto dell'obbligo di informare il paziente è che esso varchi la soglia della gravità dell'offesa secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni Unite numero da 26972 a 26974 del 2008, con le quali s'è stabilito che il diritto deve essere inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento tra principio di solidarietà e di tolleranza secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico. Non pare possibile offrire più specifiche indicazioni.

Anche in caso di sola violazione del diritto all'autodeterminazione, pur senza correlativa lesione del diritto alla salute ricollegabile a quella violazione per essere stato l'intervento terapeutico necessario e correttamente eseguito, può dunque sussistere uno spazio risarcitorio; mentre la risarcibilità del danno da lesione della salute che si verifichi per le non imprevedibili conseguenze dell'atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l'accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato.

Il relativo onere probatorio, suscettibile di essere soddisfatto anche mediante presunzioni, grava sul paziente: (a) perché la prova di nesso causale tra inadempimento e danno comunque compete alla parte che alleghi l'inadempimento altrui e pretenda per questo il risarcimento; (b) perché il fatto positivo da provare è il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico; (c) perché si tratta pur sempre di stabilire in quale senso si sarebbe orientata la scelta soggettiva del paziente, sicché anche il criterio di distribuzione dell'onere probatorio in funzione della "vicinanza" al fatto da provare induce alla medesima conclusione; (d) perché il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di opportunità del medico costituisce un'eventualità che non corrisponde all'id quod plerumque accidit".

La sentenza è integralmente consultabile sul
sito della Cassazione.


Cassazione Civile: risarcimento del danno futuro di soggetto non produttivo di reddito

da http://www.filodiritto.com

 

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla risarcibilità e sulle modalità di liquidazione del danno patrimoniale futuro di soggetti non ancora produttivi di reddito a causa della giovane (o giovanissima) età.

La Corte afferma innanzitutto che "è indubbia la validità generale (e quindi anche nelle fattispecie come quella in esame) del principio dell'onere della prova (art. 2697 c.c.) e del principio secondo cui (ex art. 1226 cod. civ.) è consentita la liquidazione equitativa del danno solo se quest'ultimo è provato (o non è contestato) nella sua esistenza e non dimostrabile, se non con grande difficoltà, nel suo preciso ammontare".

Secondo la Corte "il modo con cui tali due principi sono stati applicati ha talora condotto a rendere in sostanza la liquidabilità del danno in questione meramente teorica ma non concretamente realizzabile in pratica", e aggiunge "È in realtà ovvio che è (quasi) sempre impossibile dare la prova rigorosa, precisa ed incontestabile di un danno futuro; infatti, persino se il danneggiato produceva un reddito al momento del sinistro, l'evoluzione successiva della sua capacità di produrlo (ovviamente nell'eventualità che il sinistro medesimo non si fosse verificato) può essere oggetto solo di un giudizio prognostico meramente probabilistico (potrebbe infatti persino accadere che in concreto tale capacità venga successivamente a mancare) basato su presunzioni; la più importante e basilare delle quali è certamente costituita dall'entità del reddito già prodotto. È palese che tale impossibilità è ancora più evidente nell'ipotesi di danneggiato che al momento del sinistro non produceva reddito, in quanto in tal caso viene meno pure quell'elemento presuntivo che è costituito dall'entità del reddito già prodotto".

Tuttavia, "Ciò non significa però che tale danneggiato debba sempre e comunque restare privato (applicando un errato "rigore" interpretativo che porterebbe in concreto ad escludere sempre la liquidabilità in questione) del risarcimento del danno patrimoniale; che ben può essere liquidato invece in base ad una corretta interpretazione della normativa in questione (in particolare in tema di presunzioni). Va precisato a questo punto che è nell'ordine naturale delle cose che un soggetto ancora in età scolastica, qualora non abbia particolari deficienze, in futuro produrrà un reddito. Si potrà discutere in ordine all'entità di tale presumibile reddito futuro in relazione agli elementi prognostici offerti, con riferimento allo specifico soggetto in questione, dalle risultanze processuali della particolare causa di cui si tratta".

La Cassazione ha così elaborato questo principio di diritto (nel solco di un ormai consolidato filone interpretativo): "In tema di risarcimento di danno patrimoniale subito da una persona minore o comunque in età giovanile, qualora sia accertata non una "micro permanente" ma una percentuale superiore di invalidità permanente, la mera circostanza che il soggetto danneggiato, all'epoca dell'incidente, non avesse una specifica capacità professionale e non svolgesse attività lavorativa non autorizza ad escludere un danno futuro solo sulla base di ciò e senza ulteriori indagini. Al contrario il Giudice, con giudizio prognostico fondato su basi probabilistiche, deve valutare se ed in che misura i postumi permanenti ridurranno la futura capacità di guadagno di detta persona, tenendo conto in primo luogo della percentuale di invalidità medicalmente accertata, della natura e qualità dei postumi stessi, dell'orientamento eventualmente manifestato dal danneggiato medesimo verso una determinata attività redditizia, degli studi da lui portati a termine, dell'educazione ricevuta dalla famiglia nonché delle presumibili opportunità di lavoro che si presenteranno al danneggiato anche in relazione al prevedibile futuro mercato del lavoro; ed in secondo luogo della posizione sociale ed economica di quest'ultima; nonché di ogni altra circostanza rilevante (ferma restando la possibilità per colui che è chiamato a rispondere di dette lesioni di dimostrare che il minore, da quel particolare tipo di invalidità, non risentirà alcun danno o risentirà danni minori rispetto a quelli prospettati). In assenza di riscontri concreti dai quali desumere gli elementi suddetti, (e, perciò, in mancanza della possibilità di ricorrere alla prova presuntiva), la liquidazione potrà avvenire attraverso il ricorso al triplo della pensione sociale. La scelta tra l'uno o l'altro tipo di liquidazione costituisce un giudizio tipicamente di merito ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata".

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, 30 settembre 2009, n.20943: Risarcimento danno futuro del giovane).

 

 


 
 

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